Riti delle quarantore

L’origine remota delle Quarantore è da ritrovarsi nella pratica dei fedeli di commemorare, durante la settimana  santa, le quaranta ore che il Corpo di Gesù giacque nel sepolcro; durante questo arco di tempo i fedeli rimanevano in preghiera e facevano penitenza per prepararsi degnamente alla grande solennità della Pasqua.

Fin dal  IV secolo a  Gerusalemme, per il venerdì santo, si Si  teneva  il rito  dell’adorazione della  S. Croce che si concludeva con la reposizione in un luogo che ben presto prese la forma esterna del sepolcro. Mentre nel X sec. si deponeva la Croce, nel XII sec. si consolidò l’uso di deporre il  Crocifisso; più  avanti  nei  secoli  entrò  l’uso di porre l’Eucaristia, racchiusa in una teca, sul costato del Crocifisso, fino a quando poi, nel XV sec. rimase l’uso di mettere solo l’Eucaristia.

La vita liturgica, nell’epoca medievale, fu segnata fortemente dalla contemplazione della passione e morte di Cristo. Questa accentuazione contemplativa deriva dal progressivo  processo di drammatizzazione della liturgia, specialmente in quella relativa alla rappresentazione della passione di Cristo.

Il crescente  aumento  degli  elementi  drammatici  di  cui  la liturgia si era arricchita, portò a far perdere ai fedeli l’abitudine di accostarsi  con  frequenza  alla  comunione, divenendo così spettatori del dramma della passione del Signore.

Fulcro, dunque, della partecipazione dei fedeli divenne il desiderio di “vedere” Cristo tanto nella rappresentazione drammatica degli ultimi eventi della sua esistenza storica quanto  nel  pane eucaristico dove  si  rende  presente per comunicare  i  frutti  della salvezza. Il vedere hostiam era, era, pertanto, considerato nel medioevo il vertice di tutta la celebrazione, per cui dal momento che tutto il Cristo è presente nel pane eucaristico, la contemplazione dell’ostia suppliva alla comunione sacramentale.

L’uso, dunque, di deporre l’Eucaristia sul costato del Crocifisso, che è alla base dei cosiddetti “sepolcri” è stata abolita dal Concilio Vaticano II e in una recente Lettera della Congregazione per il Culto Divino (anno 1988 nn. 44-57) è stato ribadito il divieto di usare lo stesso nome di “sepolcro” (in dialetto “sabburchi”) nell’indicare l’altare della reposizione nel giovedì santo, dal momento che la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare la “sepoltura” del Signore, ma per custodire il pane eucaristico, segno della presenza di Cristo vivo, per la comunione che verrà distribuita il Venerdì santo.

Le Quarantore erano praticate già prima del 1214 da una Confraternita della Dalmazia, il cui esempio servì da stimolo ad altre Confraternite per ripeterle anche al di fuori della Settimana Santa, soprattutto nei periodi di  particolare difficoltà della vita sociale e religiosa.

A Milano, infatti, nel 1527 si svolgevano le Quarantore per chiedere aiuto al Signore, implorandone misericordia e soccorso, dal momento che la città soffriva terribili angustie, in seguito ai continui passaggi degli eserciti che, giunti dal settentrione, devastavano tutto ciò che trovavano.

La pratica delle Quarantore, pertanto, nata nel contesto della Settimana Santa, divenne una forma privilegiata di preghiera attraverso la quale si chiedeva l’aiuto di Dio in situazioni particolarmente difficili.

Pian piano le Quarantore si caratterizzarono come pia pratica avente lo scopo di adorare nell’Eucaristia i misteri della passione e morte di Gesù e assunsero infine il carattere di adorazione comunitaria di Gesù-Eucaristia, centro della vita cristiana, della comunità e fonte del suo rinnovamento spirituale.